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venerdì 7 novembre 2014

New York City - Once in a lifetime


E' come incontrare una celebrity. Ti sembra di conoscerla, e pure bene. Perché ne hai visti tanti di suoi profili, interpretazioni, ne conosci i punti deboli e le qualità che la rendono unica.
Hai quella sensazione di Déjà vu. 
Che poi. Non so se ti è mai capitato di incontrare davvero dal vivo un cosiddetto vip. Quando mi capita mi sento un po' pirla perché mi verrebbe da salutare il personaggio di turno come un vecchio amico Ohi, ciao, come te la passi, è da un tòcco che non ti vedo.
Mi trattengo - per grazia divina - dal passare per stalker, ma i sorrisi a 47 denti tradiscono comunque lo slancio eccessivo e il famoso mi guarda più o meno imbarazzato/lusingato dalla mia incontrollabile modalità Amicidaunavita. Poi la cosa finisce. Ci allontaniamo e lì, infine, realizzo che mica lo conosco. Proprio no. 
E soprattutto tra 10 minuti quella celebrity nemmeno si ricorderà che esisto, mi avrà già riposizionato in un insieme infinito e vago nella sua testa: la gente o i fan, in pratica "folks".

Ecco con New York City è un po' così. E' una diva. Con un grandioso ufficio stampa, direi. 

Mentre stavamo in fila per salire sul traghetto per il classicissimo giro alla Lady Liberty + Ellis Island, uno dei policeman si è rivolto al gruppo in attesa chiamandoci "Folks". Mi ha fatto sorridere per un attimo. Mi ha ricordato quale minuscolo puntino fossi in quel mare di folks che è la City. Mi son sentita un granellino di sabbia nel Sahara. 


NYC è una diva. Strafamosa. Seducente, pop e sofisticata allo stesso tempo. Ti accoglie, ti fa sentire a tuo agio con un sacco di simboli strafamiliari. La conosci, pensi. A me è capitato di sentirmi immensamente a mio agio e, solo quattro passi dopo, scoprirmi invece a disagio, alle prese con una grandezza e "apparenza" da far girare la testa. 
Sarà che vengo dal paese. Le metropoli mi hanno sempre shekerato a dovere, mi ci sento comoda dopo un bel pezzo. C'ho i miei problemi persino a Milano per dire. A metà delle mie giornate meneghine spesso penso Okay, ora basta cemento, datemi un prato, silenzio, delle case col cortile e a due piani - massimo, dei vicoli ciottolosi con le botteghe, presto! Sono autenticamente italiana io, nata e cresciuta in provincia. 
E NYC è definitely La metropoli. Ho camminato con il naso all'insù per la maggior parte del tempo. E con la bocca aperta, che io c'ho sempre sto vizio quando son proprio presa da ciò che osservo. Tipo al cinema. (Ed un gran bene che non ci fossero mosche, ecco). 
No, la tipa bionda nella foto non sono io, lei è una "nuiorchese" comoda.


Ci siamo stati solo una settimana, appena il tempo di codificare quell'energia unica che emana. La city è grandiosa. Serve molto più tempo per immergersi pienamente nelle sue profonde altezze. Eravamo io, Plettro e altri 4 amici. Prima volta per tutti, per cui elencate i must turistici e SI, ce li siam sparati tutti.
Empire, Central Park, Lady Liberty, Ellis Island, Top of the Rock, Moma, Metropolitan, Guggenheim, High Line. Un cocktail di ovvietà forse, ma fantastiche.
E poi mille e più chicche. Cinematografiche direi. Far colazione davanti a Tiffany, suonare coi piedi i tasti del pianoforte di Fao Schwarz come Tom Hanks in Big (in mezzo ai bimbi, mi son divertita un mondo), chiamare un taxi al volo in una nottata limpida e godersi il panorama dal finestrino come è normale fare - in un milione di film, camminare a Brooklyn e aspettarsi di incontrare i Robinson ad ogni angolo.



Avevamo organizzato il viaggio con un pretesto in particolare, il concerto di Nonno B B King. Che infatti, come era altamente probabile, ci ha dato un clamoroso pacco: tour annullato per un malessere di sua maestà del blues. Vojo dì, 89 anni, potevamo pure aspettarcelo. Quella sera per consolazione il destino ci ha fatto un bel regalo: a cena in un locale a Soho il nostro vicino di tavolo era Jovanotti. Non abbian sentito suonare uno dei più grandi chitarristi del mondo ma in compenso abbiamo ascoltato masticare un cantautore italiano che ci piace un sacco. Quando si dice premio di consolazione.
Ci siamo fatti una foto insieme e due chiacchiere - altrimenti improbili in italico territorio, hanno reso comunque speciale la serata.
Si. E' stato con lui l'incontro Comune mortale-VIP, col quale ho verificato la teoria di cui sopra.


A New York è un attimo sentirsi proprio al centro del mondo, fichi come non mai. E così per non peccare di superbia abbiamo pensato bene di compensare il pieno di meraviglia con una dose di piediperterra quotidiana.
Per risparmiare ma non uscire da Manhattan, abbiamo optato per un appartamento carino ma a basso prezzo, trovato su Airbnb.
A Chinatown.
Ecco.
Lascia perdere.
L'appartamento - che dio sia lodato - era decente, pulito, ben tenuto. Ma il palazzo. Il palazzo signoriEsignore. Credo che il responsabile delle pulizie del condominio sia morto. Il giorno in cui è stato costruito l'edificio, diosanto. E che il suo cadavere fosse ancora nei bidoni della spazzatura del sottoscala.
Tra odore e sporcizia, quei 3 piani a piedi da fare ogni sera son stati uno schiaffo del soldato dopo la grandiosità della città. Prossimo giro Waldorf Astoria cazzo, con tanto di petali di rosa alla Gioffi Gioffer.


Se sul lato alloggio siamo stati parecchio morigerati, non si può certo dire che ci siano mancate le soddisfazioni dal lato gastronomico.
Per me vince su tutto il Lobster Roll da Ed's Lobster Bar , un'esperienza goduriosa e insolita in un ambiente molto easy a Soho.
E poi abbiamo doverosamente stilato una lista dei mejo hamburger della città e la pole position va a
Jhonny Rockets. Pare piaccia parecchio anche a Bruce Springsteen, (almeno così aveva dichiarato in una intervista) e la visita vale, oltre che per il gusto, per l'atmosfera fast food anni '50 degna di Grease o Pleasantville.


Questo viaggio nella city per me ha avuto un grande impatto anche dal punto di vista artistico.
Ho fatto un pieno di musei che manco in gita scolastica. Ho avuto pure il mio momento Stendhal. Una esperienza così netta e forte non mi era mai capitata: Pollock - One: number 31. E chi se lo scorda più.
Mi sono salite le lacrime agli occhi, tachicardia e non riuscivo più a parlare. Mi sono seduta davanti all'enorme quadro e ci sarei rimasta per sempre. Che poi chi se l'è mai filato Pollock?! Non avevo nemmeno il "pregiudizio" nei confronti dell'autore, che ne so, non mi aspettavo nulla in particolare. Sono mediamente ignorante in storia dell'arte.
E invece niente, mi giro, vedo sto quadro, a tutta parete e mi ci son persa dentro. E' valso tutta New York.
Mi era già chiaro che l'arte si potesse considerare un dono divino all'umanità, l'ho sperimentato in molte occasioni, con la musica, la danza, il teatro, il cinema, l'architettura. Con la pittura non mi era ancora successo, non così forte almeno.



Io e Plettro ci siamo regalati Sleep no more, lo spettacolo della compagnia Punchdrunk. Dopo la doppia esperienza a Londra, era un must irrinunciabile. Sempre magnifica occasione di vivere un teatro unico e coinvolgente come non mai. E ci siamo pure portati a casa le nostre maschere alla EyesWideShut come souvenir.


Non so davvero se potrei viverci in una città così Enormemente grandiosa, mi spaventa e mi affascina allo stesso tempo.
Ho il sogno di passarci del tempo, per studiarci da attrice come hanno fatto tanti dei più grandi interpreti al mondo. Per un paio d'ore l'ho fatto: ho salutato gli altri, e sola soletta, con gli indirizzi su un foglietto, ho camminato per le strade di Broadway e sono entrata in una scuola di recitazione prima e poi in una di danza, che mi hanno indicato degli amici.
Ho preso info, come se davvero dovessi iniziare le lezioni di lì a poco. Al colloquio con questa coach di recitazione ho parlato di un imminente periodo da passare nella city per migliorare la mia tecnica di attrice, studiando a tempo pieno.
Ho recitato quel ruolo, come fosse vero. Ci ho creduto per più di mezz'ora ed è stata proprio una manciata di minuti indimenticabili.

Uscita di lì, ho camminato con la testa all'insù, immaginando di tornare a casa dopo una lezione, guardandomi intorno come se questa città fosse ormai famigliare. Non è stato niente male. I sogni cominciano così, prima di diventare realtà - dicono. 

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